Vangelo 28.04.2024 (Gv 15, 1-8)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il
Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto,
lo-taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se
stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene
gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel
fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il
Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
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COMMENTO.
“Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore.” La Vite vera (Gesù),
i tralci (tutti gli umani ed esseri viventi), l’agricoltore (Il Padre),
forse la più bella immagine o metafora della Realtà piena che ora viviamo
in figura, in immagine. Tutto in questa vigna è interconnesso (lo dice
anche la quantistica): Agricoltore, la vite, i tralci sono in un cammino
interconnesso di ‘artigianato di fraternità’ da parte dell’Agricoltore e
della Vite e anche da parte dei tralci, che sovente però invece di essere
artigiani di fraternità sono ‘fabbricazione di divisioni, di armi,di
guerre’, ognuno in connessione sempre con gli altri che se ne renda conto
oppure no. Francesco, Vescovo di Roma e papa, ci ha risvegliati alla
dimensione di tutti nella stessa barca, dunque di interconnessione globale
in particolare con l ‘esortazione ‘Evangelii gaudium’, con ‘Laudato sì’ e
con ‘Fratelli tutti’….. “Ogni tralcio che in me non porta frutto,
lo-taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto”. Porta frutto chi ama, chi sa amare, altrimenti è solo morte. Siamo
fatti per donare e saper accogliere. Così dovrebbe essere ogni famiglia,
comunità religiosa e civile…Siamo in cammino fragili e spesso non
beviamo alla fonte, alla linfa vitale, così ci secchiamo. Per il tralcio
proprio secco la via di recupero è il fuoco; ridotto a cenere rientra nel
ciclo di vita, così è nella Natura. Per chi porta già frutto c’è invece
bisogno di purificazione (potatura),di conversione. Quanto lo sento vero
per me! Attenti ai cristiani ‘giusti’, ‘buoni’, ‘perfetti! Chi rimane in
me, e io in lui, porta molto frutto . Si può dire: Chi rimane nell’umano
vero che Io (Gesù Cristo)-sono, chi rimane nel divino che Io-sono, chi
rimane nell’Amore che Io-Sono, porta il frutto di Fraternità universale
nell’armonia delle differenze. Rimanere in Lui comporta due
parti: ‘Aver cura del divino che è anche in noi con la preghiera, la
meditazione in varie forme, il Silenzio. E. Hillesum: “…l’unica cosa che
possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che certamente conti, è
un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio”. Altra parte: Aver cura
del divino che è nel Creato, nell’Universo in cui tutto e tutti sono
fratelli e sorelle. Questa cura comporta, oggi più che mai, la promozione
della dignità e dei diritti della persona, la ricerca del bene comune
mediante la solidarietà, il coltivare e la salvaguardia del creato. E’
camminando praticando le due parti che si rimane in Lui, si rimane nel
Padre, nell’AMORE. Frutto dell’amore sarà la Pace e la Gioia.