Vangelo 19.03.2024 (Lc 2, 41-52)

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di
Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la
consuetudine della festa. 43 Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la
via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i
genitori se ne accorgessero. 44 Credendo che egli fosse nella comitiva,
fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i
conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a
Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai
maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che
l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
48 Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci
hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49 Ed
egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi
delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto
loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.
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COMMENTO.
“I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di
Pasqua”. Da Nazareth a Gerusalemme e ritorno a Nazareth, dove il ragazzo
sta sottomesso ai genitori Maria e Giuseppe e vive il quotidiano in
famiglia. Si tratta di un pellegrinaggio, come ogni anno, ma che richiama
il viaggio interiore. Questo viaggio della famiglia nazarena a Gerusalemme
indica il fine del pellegrinaggio interiore che è occuparsi o dimorare
nelle cose del Padre. “Mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo
Gesù rimase a Gerusalemme, nel Tempio”. Nel Tempio tutti rimangono stupiti
e meravigliati, sia i dottori della legge che lo ascoltano, sia i genitori,
per la risposta enigmatica data: devo occuparmi (dimorare) nelle cose del
Padre. Quel ‘bisogna che’ (ritorna molte volte nel vangelo) non è un dovere
morale, ma un’esigenza d’amore verso il Padre. Essendo il Figlio,
‘bisogna’ che sia nelle cose del Padre, in tutto ciò che interessa al
Padre. Al Padre interessano i figli, altrimenti che padre è? Gesù, come
primogenito, ha l’esigenza d’amore verso tutti i figli del Padre suo, suoi
fratelli, perché nessuno vada perso. “Ma essi non compresero ciò che aveva
detto loro.” Maria e Giuseppe non sono che i prototipi nostri e di tutti i
discepoli: non comprendiamo o crediamo di comprendere ed è peggio. “Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Saggezza infinita. In
effetti noi spesso non comprendiamo e lasciamo perdere come qualcosa senza
valore. Invece proprio quello che non comprendiamo (di noi stessi , degli
altri, dei figli, dell’Altro) è forse la cosa principale e val la pena (o
gioia) custodire nel cuore e lasciar germogliare piano piano. E questo
avviene a Nazareth, cioè nella vita ordinaria, che è il tempo e luogo di
dimorare con sapienza nelle cose del Padre. Venne a Nàzaret e stava loro
sottomesso. Ma ora i genitori sanno che non devono ‘gestire’ il figlio
come vogliono loro, devono anzi ascoltare e imparare dal figlio e
accompagnare con tenerezza; ora il figlio sa che i genitori non possono
capire tutto , eppure ci vuole rispetto e obbedienza dialogata per
crescere nella cosa più importante: amare! Questo in famiglia, come nelle
Comunità, nella vita sociale e religiosa: la grazia di non comprendere,
del portare nel cuore tutte le cose, dell’ascoltare e dialogare per fare
non le proprie cose, ma quelle del Padre di tutti: Amare senza limiti.