Vangelo 07.08.2022 (Lc 12, 39-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Sappiate bene questo: se il
padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe
scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo
verrà nell’ora che non pensate”. Allora Pietro disse: “Signore, questa
parabola la dici per noi o anche per tutti?” Il Signore rispose: “Qual è
dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della
sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel
servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico,
lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor
suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le
serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà
nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con
rigore, assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo
la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà,
riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto
cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto,
molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.
|||
COMMENTO.
Un testo di vigilanza, di richiamo alla responsabilità di comportamento, di
attesa del ritorno del misterioso ‘padrone di casa’, che allegoricamente
significa anche il fine della storia. Nel linguaggio apocalittico usato qui
chi può essere questo ‘padrone di casa? Allargando il campo a tutti gli
evangelisti o anche solo ai versetti prima di questo brano, è evidente che
siamo in ambiente di nozze, con riferimento anche alla Pasqua,
all’Eucaristia e dunque al vissuto quotidiano come campo in cui oggi vivere
già vita eterna. E questo dipende da ciò che attendiamo, da chi attendiamo
e da come attendiamo. “Voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo
verrà…” Dunque, il figlio dell’Uomo, titolo con vari significati: l’Umano
con stampo divino, il Messia-Figlio e Servo, lo Sposo, e verrà all’ora che
non si sa. Ma allora, chi attendiamo, che cosa attendiamo? Perché noi siamo
e saremo ciò che attendiamo. Se attendiamo la morte, saremo morte, se
attendiamo lo Sposo, saremo sposi, se attendiamo la vincita al lotto,
saremo delusione (perché raramente capita di vincere) o denaro, cioè
affanno. “Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore
porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione
di cibo? Si parla di distribuire cibo, dunque di mangiare. Amministratori
non padroni, siamo in comodato d’uso non proprietari. Da non dimenticare.
Responsabili gli uni degli altri, siamo tentati di farlo da padroni .Nella
società, nella chiesa quanti padroni più che padri o fratelli.
Amministratori, ministri (servi) l’impegno è servire, dare a ciascuno il
suo, capaci di condividere, di fare come ha fatto Gesù donare sé stessi e
adunare insieme tutti. Ecco il senso dell’Eucaristia. “Beato quel servo
che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo
metterà a capo di tutti i suoi averi.” Beata quella persona che in
qualsiasi momento e in ogni situazione viene trovata occupata, ma non
preoccupata. Più c’è preoccupazione, affanno, meno c’è fiducia nella Vita,
in Dio Padre e Madre, nello Spirito del Risorto. E’ preoccupato chi non
attende più niente, chi ha smesso di sognare, di sperare e quindi prima
cerca il proprio interesse e si affanna per accumulare e per la salute
fisica a tutti i costi, chi passa indifferente, senza compassione vicino al
sofferente, al ferito, al manifestante non violento che è seduto inerme e
viene manganellato dalla polizia. E’ preoccupato chi è dominato dalla
paura della morte e allora vede Dio come Giudice, come Persecutore … Invece
no, tutto il contrario: Dio della vita, della relazione, della gioia, anche
attraverso persecuzioni. Tenendo ben presente che più abbiamo di doni
naturali e di cose, più ci è chiesto di fiducia, nella Vita, in Dio. Più
cresce la fiducia, più ci sarà gioia di essere dono, di servire con umiltà
e tenerezza.