Vangelo 24.03.2024 (Mc 14, 1-15,47)

Invece di un commento, alcune brevi indicazioni per la
meditazione-contemplazione. Nel silenzio meditativo personale sta lo
Spirito che dà ad ognuno di andare verso Gesù, seguirlo e vivere la Pasqua
in verità.

Accogliamo il racconto di Marco come un inno della prima comunità cristiana
che in preghiera racconta il momento culminante e centrale della vicenda di
Gesù: passione, morte e resurrezione.
Marco è il primo che osa raccontare in modo narrativo quello che
normalmente sarebbe un fallimento totale secondo le narrazioni dei
personaggi storici importanti.
Il racconto di Marco durante una giornata piena (per gli ebrei va
dall’inizio della notte ‘Getsemani’. alla notte successiva) è una sfida
alla fede dei discepoli di ogni tempo, ma un’affermazione che la morte non
è una sconfitta, bensì il culmine di un cammino d’amore che sfocia in vita
nuova.
Siamo invitati a passare e stare in compagnia con Gesù in luoghi e tappe
diverse dell’ultima sua giornata e forse sperimentare come Pietro e altri
discepoli di averlo rinnegato, di fuggire ancora invece di seguirlo fino al
calvario.
Con Lui che, vero uomo ha difficoltà ad accettare la sofferenza e la morte,
ma si abbandona al Padre, fermiamoci al Getsemani, poi davanti al Sinedrio
cerchiamo di aderire alla ‘bestemmia’, che proprio Lui è figlio di Dio,
lui consegnato nelle mani dei poteri umani; e ancora Lui, coronato di
spine, è il vero re, un re non violento, che ama e perdona anche i nemici,
che muore gridando ‘Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato’ raccogliendo
così il grido di tutti i disperati, anche il nostro in modo che tutti
possano anche dire ‘Abba, mi abbandono Te’.
Il racconto ha cinque momenti, cinque luoghi: uomo vero con difficoltà ad
accettare la sofferenza, la morte, ma si abbandona al Padre ; figlio di
Dio servo nell’Amore, rivestito di regalità non mondana, morto gridando a
Dio, risorto nel giardino del Nuovo eden.