RITROVARE – MANTENERE CON FEDELTA’ SPAZI DI DESERTO, DI SILENZIO E DI POVERTA’

(Riflessioni a cuore aperto sulla missione dell’eremita, oggi)

Che cosa vuol dire?

Cerco anch’io di capire per mettere in pratica, cominciando da me stesso, e provo a esprimere.

Ritrovare spazi di deserto, di silenzio e di povertà, intanto va nella linea di “cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutto i resto vi sarà dato in sovrappiù”..

Va ancora nella linea dell’unico comandamento: “Ama Dio e ama il tuo prossimo come te stesso, Amatevi come io vi ho amato”.

Primato dell’amore, della Carità su tutto il resto, sulla fede, sulla speranza, sulla religione.

Primato della persona, della coscienza personale profonda che, ascoltata bene, fa agire per il bene di tutti.

Primato dell’altro come ‘terra sacra’ chiunque e comunque sia …

Spazi di deserto.    

Deserto: una realtà di prove e tentazioni, scomoda, senza difese, che rende nudi, senza coperture di ministero, di ruolo, di consuetudini, di appoggi esterni.

E’ per eccellenza la terra dell’eremita, uomo-donna, libero da pesi umani, da preoccupazioni materiali. Comodità, troppa sicurezza economica e di mezzi tecnici non aiutano l’eremita a vivere uno spazio di deserto ‘fertile’ per la Chiesa di oggi.

Essendo il deserto una nuda presenza a se stesso e allo spirito, se l’eremita lo vive a fondo recupera quel confine in cui l’essere umano si pone in ascolto dello Spirito, del senso ultimo.

Sia l’uomo di oggi, individuo più che persona in relazione, sia la società di consumo, di apparenza, con l’idolo del denaro, così come molta parte della chiesa, spesso arroccata su consuetudini, ricchezze varie, paurosa, con la pretesa di verità da imporre, tutti e tre mancano di questo spazio di confine, di deserto; o meglio sono in un deserto, ma non inviati dallo spirito.

Gli eremiti, occupando questo spazio desertico, spinti dallo Spirito, sono chiamati, anche a nome dell’uomo di oggi, dalla società e dalla chiesa, a sentire e aver compassione (come Gesù) della fragilità dell’essere umano e dei suoi bisogni. Si tratta, stando nell’eremo da solo (oppure a volte accogliendo o qualche volta uscendo), come Gesù e in Gesù di aver cura e di guarire da infermità e confusioni.

Spazi di silenzio  

La situazione attuale, più che mai, richiede cura, onestà e impegno; richiede umiltà e il saper ritirarsi nella propria camera, ma con tutta la fiducia possibile, una fiducia nel futuro, nel compimento finale di una fraternità universale. Fiducia che passa in una crescita di responsabilità e dunque di intercessione con la preghiera e con la vita.

E’ dal silenzio del deserto, che mette a nudo i propri valori e le fragilità, che può avvenire una reale, silenziosa crescita di impegno, di Regno di Dio, cioè Amore Misericordioso del Padre di tutti.

Silenzio intriso di religiosità, in cui appunto le religioni istituzionali quasi si dissolvono: perché, come dice il Con. Vat II, “la Chiesa, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, di umiltà e di abnegazione, riceve la missione di annunciare e instaurare il regno di Cristo e di Dio in tutte le genti, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio” (Lumen gentium, 5)

Ecco: la Chiesa per il regno di Dio, cioè l’Amore di Dio che abbraccia tutti, che invita tutti al banchetto, che in Gesù (lui stesso regno di Dio) chiama ‘amico’ anche Giuda, che dice a chi scaccia i demoni, ma non è dei nostri: Non impeditelo, perché chi non è contro di noi è per noi.

Come dire: tutti quelli che guariscono il mondo, che armonizzano il mondo, anche se non sono dei nostri, sono nel regno di Dio. Per cui ogni cristiano, e in particolare l’eremita, è un religioso, ma non primariamente un uomo della religione istituzionale.

L’eremita cristiano è un eremita di Gesù Cristo, che è testa e cuore della Chiesa. In Gesù è eremita a nome del creato, di tutti gli umani, di cui Cristo è il primogenito.

Spazio dunque di silenzio dove credenti e non credenti si possono ritrovare, senza linguaggio adeguato, ma gli uni gli altri abitati dalla Presenza Ineffabile, indicibile, da un Dio non definibile, sicuramente non violento (mentre le religioni spesso l’hanno visto e lo vedono e vivono come violento, gli uni contro gli altri).

Mistero di silenziosa, ma forte, relazione; di dialogo, di comunione, Uno, nella convivialità delle differenze. Silenzio abitato dalla Presenza, che noi chiamiamo Padre dal cuore di Madre, Spirito di Gesù Cristo, presenza silenziosa in ogni essere, nella Creazione, Presenza che rende ‘sacra’ e sorella ogni persona, ogni creatura vivente, ogni terra.

L’eremita è allora un religioso, silenzioso fratello umano di tutti, in particolare dei piccoli, dei ‘feriti’, dei poveri, della creazione tutta, caratterizzato dalla gioia, da un forte desiderio di Vita, di fraternità.

Spazi di povertà

L’eremita ricco, proprietario di qualcosa, che dice “mio”…non esiste, non è eremita.

Povero in spirito è uguale a eremita. Sì, perché il povero in spirito è in solitudine (anche in mezzo a tanti) ma non isolato, vive una solitudine in comunione con tutti e tutto, ma sulla “soglia”: non invade, non s’appropria, non controlla, non giudica…. è ospite e pellegrino nel suo eremo e in ogni spazio, in ogni realtà, libero e leggero, lasciando liberi e leggeri gli altri.

“Desidero una chiesa povera per i poveri” (E.G.) Desidero un eremita povero per i poveri.

Condizione fondamentale per conoscere i ‘segni dei tempi’, per leggere i segni del tempo nella ‘stanza superiore’ (Ultima cena), non come li legge, in genere, la gente con uno sguardo superficiale.

La povertà dell’eremita non è un gioco di parole, uno sport o uno spot pubblicitario.

E’ fisica, ma è anche e soprattutto un atteggiamento dello spirito che permette di stare e camminare nel mondo di oggi “togliendosi i sandali di fronte alla terra sacra dell’altro” (E.G.). E permette in particolare di percepire il deserto della società attuale, del mondo di oggi, della chiesa stessa come e comunque terra sacra, terra in cui Gesù vuole passare come ai suoi tempi, terra davanti a cui togliersi i sandali’. (Vedi episodio del roveto ardente, commento del card. Martini….”Quella su cui ti trovi, quella che hai percorso… è terra sacra)

L’eremita povero impara l’umiltà, la dolcezza del cuore, la tenerezza; impara a non condannare, a non scartare il peccatore (dunque noi stessi), ma a seminare il bene, a diventare misericordia come Dio è misericordia.

                                                                     Fratel Tommaso