O S P I T E – S T R A N I E R O

Sulla e nella Terra Madre -Pacha Mama- siamo ospiti e allo stesso tempo stranieri.  

Una mattina a Chalinze -piccolo villaggio della tribù dei Wagogo, in Tanzania. Mi avvio a visitare gli abitanti delle misere capanne attorno: anche il tetto è di terra e paglia; so che non potranno offrirmi neanche un the o delle karanga (Arachidi) a causa della stagione secca, senza raccolti. Avvicinandomi ad una capanna vedo seduta sulla kigoda (sgabello a tre piedi) una donna dall’aria serena ma stanca e rannicchiata. Saluto: Habari gani. Mi risponde Nzuri. Poi mi invita a sedermi mentre i saluti continuano. A un certo punto mi dice: Usiku, mgeni amekuja (questa notte è arrivato un ospite). Un po’ meravigliato chiedo: Dov’è l’ospite? Da dove viene? E la donna, alzandosi lentamente ma decisamente, entra nella capanna, poco dopo ritorna con in braccio il bimbo partorito nella notte: sosta un momento e poi avanza verso di me e dolcemente mi offre il bambino deponendolo fra le mie braccia: è arrivato un ospite.. Ospite della mamma, ospite mio, ospite della Terra, ospite del Cosmo, ospite da Altrove, da un Altro; Ospite dell’Altro, degli altri, dell’Oltre…

Ospite: essere ospitato e ospitare

L’essere umano respira e vive di queste due caratteristiche.

Vorremmo che fossero sempre la tonalità di fondo dell’Eremo-Fraternità Betania: ospitalità verso tutti e ospitalità reciproca.

Ecco alcuni modi per dire Ospite:

  • Nel pensiero: è come essere spossessati di tutto, in particolare di un sapere certo e un non sapere. Ospite significa non avere nessuna proprietà, nessuna dimora fissa in assoluto.
  • Nella mistica: Tutto quello che viviamo è soltanto figura che rimanda ad un mistero, che non so; rimanda all’incontro con un Ospite-Oltre che non conosco ancora bene: Quel che appare, rimanda ad una realtà, un Bene che assorbirà ogni male.
  • Nel quotidiano: è vivere sulla soglia; vivere incontri veri, lasciar abitare l’altro-ospite in me ed io in lui, ma proprio come sulla soglia (chiedendo permesso) e in cammino (dicendo grazie).

Dare spazio all’oltre in tutte le relazioni

L’ospitalità è anche perdita, mistero di morte. L’ospitalità richiede di entrarci con fiducia cieca, con amore, oltre la ragione, in perdita: mistero della morte come perdita di sé per amore, come fiducia nell’altro, che è realtà sacra anche quando (mi) ha fatto del male.

Ospite: accoglienza, ascolto, rispetto, non giudizio, accettazione dello straniero o non imposizione, accompagnamento tenero e delicato, sostegno gratuito senza pretesa di essere ricambiati; grazie che sei passato, grazie dell’incontro, saremo l’uno nell’altro senza invadenze, magari nel perdono, anche lontani fisicamente ma nello stesso Spirito d’amicizia, di fraternità, spirito della strada, del cammino, delle differenze vissute come contrappunti della stessa tonalità di fondo.

Togliersi i sandali di fronte alla terra sacra dell’altro, dell’Altro-Oltre.

Ospiti e stranieri

Come già detto prima, ‘ospite’ ha due significati: ‘essere ospitato e ospitare’. E’ abbastanza incerta l’etimologia: da hospes, che a sua volta forse deriva da hostis (straniero – nemico? Comunque figura a cui, nell’impero romano, si riconoscevano diritti uguali ai romani) e potis (signore): signore dello straniero, signore che accompagna come un amico.

L’altro oltre a me, ogni altro esiste, straniero sempre, ma riconosco il suo volto sacro, allora riconosco che anch’io esisto, conosco il mio volto, ma anch’io sono straniero, straniero all’altro, straniero a me stesso.

Noi cristiani (ma forse anche gli altri) siamo invitati a “Sentirsi ospiti di quell’Oltre, che chiamiamo Dio o mistero della Trinità! Sentirsi in quello spazio aperto dell’icona della Trinità di Rubliev e contemplare l’ospitalità reciproca delle tre persone, raffigurate come angeli, e l’ospitalità aperta a tutti e tutto.

L’Incarnazione è Dio (lo straniero) che si fa ospite, bussa alla porta del mio cuore e si mette nelle mie mani. Ci offre di diventare con Lui una Cosa Sola, ma nel pieno rispetto di ognuno. Non s’impone neanche col Suo Amore: “Venite…. Se volete … vi presento tutti i segreti del Padre mio”.

Ecco allora che sperimento: Dio è dentro di me, ma non è Me – Io sono in Dio, ma non Dio.

Eppure Dio e Io siamo Una cosa sola: Ecco lo squilibrio -follia- mistero di Verità, di Amore in perfetta armonia.

Gesù si nasconde nell’Ostia per “abituarci all’oltre” e ci abitua ad entrarci dentro da contemplativi per riconoscere che ogni altro è terra sacra

Papa Francesco dice che lo straniero non viene subito riconosciuto, come Gesù nell’Ostia. Ma diventa automaticamente ponte…

Noi troppo spesso rifiutiamo lo straniero, invece dovremo imparare da Lui.

Lo straniero ti permette di essere te stesso, di ricevere tutta la vita dell’altro.

Ti rivela che siamo tutti stranieri e ci fa capire che siamo della stessa famiglia.

Siamo chiamati a coinvolgerci a giocarci in perdita e a vivere le varie appartenenze come ospiti e stranieri.

Ma allora la storia, la società, le religioni hanno un compito fondamentale: accogliere lo straniero, perché siamo tutti stranieri.

E il vivere come Ospiti (essere ospitati e ospitare) e stranieri è il vero senso di una Vita che ora è solo in figura, è il Respiro faticoso ma armonioso sulla nota fondamentale dell’Amore

Come si realizza? Così:

“’Signore, … quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato…?’.

Riceveremo questa risposta:

‘Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’” (Mt 25,31-46).

Cosa devo sviluppare in me per vivere in pieno l’essere Ospite (essere ospitato e ospitare)?

Cosa comporta nella società, nella religione, nella politica il vivere la tonalità di fondo di Ospiti e stranieri?